Il Made in Italy è da sempre sinonimo di bello e ben fatto, queste caratteristiche sono riconosciute da tutto il mondo, ma in uno scenario in repentino cambiamento, come quello del mondo durante e dopo la pandemia, esportare potrebbe essere complicato ed è necessario rimanere al passo.
Ci sono fattori che hanno scatenato cambiamenti nell’economia molto veloci, a cui, soprattutto i paesi europei, hanno inizialmente faticato a stare al passo. Inoltre, la situazione mondiale ha permesso di mettere in stand-by tensioni internazionali come quelle fra USA e Cina. Alcune incertezze legate alla Brexit si sono risolte con il trattato di libero scambio, sebbene siano ancora presenti situazioni non definite che potrebbero portare all’innalzamento di barriere economiche tra UE e Regno Unito.
Esportare Made in Italy con gli effetti della pandemia
Non tutti i compartimenti del Made In Italy sono stati colpiti duramente come il turismo dalla pandemia, ma hanno comunque subito diverse ripercussioni.
Il settore della Moda ha mantenuto risultati nel complesso soddisfacenti, così come la Nautica che si è mostrata forte nel 2020.
Pandemia o no, in ogni caso, l’italianità e il marchio “Made in Italy” si dimostra vincente dove il cittadino del mondo è in grado di apprezzarne le qualità. Questo genere di consumatore è disposto a pagare di più e a preferire ”Made in Italy” ad un prodotto competitor a basso prezzo. Questo è il punto chiave: Il bello e il ben fatto oltre ad essere una percentuale importantissima dell’export nostrano si propone promotore di tutte le esportazioni italiane come valore immateriale.
Le eccellenze italiane si dirigono verso i mercati avanzati, fortemente strutturati e con una conoscenza approfondita dell’italianità intesa come qualità del prodotto. Per quanto riguarda il Food, Fashion e Forniture, compartimenti cardine, esportiamo per 114 miliardi di euro. Mentre per i paesi emergenti, che offrono grazie al loro dinamismo ampi margini di crescita vengono esportati 20 miliardi di euro. Tra le economie emergenti interessanti per i prodotti italiani si piazzano: Cina (3.9 miliardi di euro), Emirati Arabi (3.2 miliardi) e Russa (1.3).
Nuovi canali per grazie alla pandemia
L’Italia si è trovata, come detto inizialmente, a fare i conti con cambiamenti repentini e obbligati per poter contrastare la crisi economica. Lo stop alle fiere internazionali, che fino a poco prima erano il fulcro delle attività di esportazione così come il contatto umano, hanno ceduto il posto alle interazioni digitali e alle piattaforme di vendita online.
Oggi non è più così, l’omnicanalità e la diversificazioni dei canali di vendita risulta essere la strategia vincente per continuare ad esportare l’artigianalità italiana all’estero. Permette infatti di entrare in contatto in tempo reale con le economie di tutto il mondo in modo veloce e proficuo.
Le attività da sostenere, anche con finanziamenti e formazione quindi sono:
- Rafforzare i canali di vendita digitale: sia promuovere il Made in Italy su piattaforme preesistenti che a promuoverne di nuove per i prodotti di nicchia. Fondamentale dunque continuare a sviluppare competenze digital.
- Stabilizzare trattati economici per agevolare e bypassare barriere economiche
- Preservare l’autenticità del Made in Italy promuovendo creazione di marchi per le PMI, unendosi creando reti e consorzi che possano fortificare le singole piccole aziende che ne fanno parte per estrarre maggior valore in termini di visibilità all’estero.
Su questi punti è necessario focalizzarsi ora. Dove il cambiamento è in atto, non bisogna farsi trovare impreparati. Superare gli ostacoli che si porranno di fronte sarà la nuova sfida dell’export Made in Italy.